19 marzo

Il 19 marzo è, da sempre, un giorno abbastanza complicato, per me. Quando a scuola tutti facevano lavoretti elaborati, disegni multicolor o dolcetti letali, io mi guardavo intorno e pensavo. Pensavo che non fosse poi così giusto. Pensavo che, un giorno, sicuramente, avrei fatto anche io gli auguri al mio papà, avrei scritto lettere, disegnato castelli, costruito portapenne o infornato muffin e tortine sgangherate. Non è andata così. A riprova che tu ti fai un film del cazzo e la vita poi si diverte a cambiare i fotogrammi proprio quando sei convinto che sia una pellicola da Notte degli Oscar. E ti svegli, da quelli che sembrano mille anni, con la speranza che sia tutto un gioco e che tu, in quel giorno lì del cavolo, potrai fare come fanno tutti e sbandierare auguri a più non posso, smielati, entusiastici, vivaci, pomposi, teneri. Invece no. Invece sei misurata, incasellata, timorosa, dubbiosa, incastrata, anche, in un ruolo che non sai nemmeno tu quale sia ma che ti sta un po’ stretto e un po’ largo. Come un camicione di forza che indossi da qui mille cazzo di anni e vorresti un giorno strapparti di dosso. Odi gli auguri riservati ai giorni delle feste comandate, perché gli hai sempre preferito sporadiche tracce di affetto, pensieri volanti, messaggi a casaccio. Per questo oggi stai zitta e ti tieni, in mano un cellulare che è l’unico mezzo, attuale, di comunicazione con un mondo che non capisci ma ami alla follia e che un po’ ti indispone e un po’ ti attira, in continuazione, senza rimedio. Amarsi senza vedersi, amarsi senza sapersi, senza conoscersi, dubitando di sé e dell’oggetto del tuo amore. Robe strane che nei film non si possono vedere, a meno che non si parli di un film allucinante della Bruni Tedeschi che non sai ancora se ti è piaciuto o se ti ha fatto cagare. Incredibile come ciò che ami di più possa essere anche quello che ti fa stare in assoluto più male al mondo. E in bilico, tra l’amore e l’odio e la frustrazione e l’assenza e la non voglia di presenza e la paura, stai lì, in questo giorno complicato, ad aspettare che il film, in una improvvisa botta di culo, ti restituisca un’infanzia intera.

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