47 e quasi un giorno intero

Ieri era un giorno speciale, uno di quei giorni in cui meglio che io mi tenga impegnata, così da non pensare, non rimuginare, non arrovellare, un cervello che a volte va così veloce che un autovelox non riuscirebbe nemmeno a fargli una foto sfocata. Ieri era il giorno in cui, se tu tirato fufossi ancora qui, avrei imbandito una tavola deliziosa, tirato fuori i bicchieri fighi che fanno tanto Dinasty, cucinato molte più cose di quante ne avremmo poi mangiate, infilato un vestitino leggero che sa di estate, stappato una bottiglia di vino bianco frizzante, fresco al punto giusto. I ragazzi avrebbero attaccato i festoni sopra la tavola, elettrizzati e caricati a molla come le occasioni speciali richiedono, e avremmo aspettato di sentire il citofono. Mamma si sarebbe messa a piangere, un pochino, giusto gli occhi inumiditi, chè sta diventando vecchia e si commuove per tutto, io, rimestando qualche pietanza iper calorica e per nulla estiva avrei urlato a qualcuno di andare ad aprire la porta, la cagnolona sarebbe corsa in ingresso a farti le feste e saresti entrata tu, risata contagiosa e capelli color rame. Ci sarebbero stati gli amici, quelli che ormai non sono pià davvero amici, ma parte della famiglia, e dopo aver mangiato e bevuto come non ci fosse un domani, i ragazzi avrebbero spento le lucie acceso le candeline sulla tua torta preferita: triplo ciocciolato con glassa fondente e codette colorate. Avremmo cantato tanti auguri a te fino a farci pulsare le vene sul collo e avremmo finito con fischi e applausi. E tu, imbarazzata e felice, avresti fatto un inchino teatrale, come solo tu sapevi fare. Dal ripostiglio sarebbe uscito, come un coniglio dal cilindro, un pacchetto di carta verde acqua, chiuso da un fiocco di raso dello stesso colore, solo più acceso. Avresti scartato con minuzia il pacchetto, con le tue mani bianche e piene di lentiggini, senza rompere nemmeno un angolo di carta, ripiegando con cura il nastro accanto a te, sul tavolo, e con gli occhi e con il sorriso, avresti detto che la vestaglia color cipria e nera era proprio quella che desideravi. L’avremmo avuta uguale, e avremmo scherzato come due imbecilli fingendoci due donne di malaffare, schiamazzando come nostro solito. Avremmo bevuto troppo e mangiato fino a non poterne più e con i baffi di cioccolato intorno alle labbra ci saremmo salutate, a tarda serata, con un abbraccio di quelli che hanno voce e anima, promettendo di vederci l’indomani, iok e te sole, per una festa privata di chiacchiere e cazzate. Avrei rassettato la cucina ripensando alla tua faccia mentre scartavi il pacchetto, sapendo con certezzaassoluta che appena a casa ti saresti infilata nella vestaglia che ti avevo regalato. Se tu fossi qui sarebbe tutto più bello, ne sono sicura, mi sentirei meno sola quando mi sento sola e avrei un posto dove andare quando mi viene voglia di urlare. Se tu fossi qui, oggi, avresti 47 annie un giorno quasi finito, avresti riso per la profezia dei Maya, e saresti vecchia un bel pò e se tu fossi qui io avrei già preso una ceffa sul coppino per averti detto che sei vecchia un bel pò. Il tempo non torna indietro, una banalità che a volte è solo tale, e a volte ti fa rabbrividire. Lo so e più ne prendo consapevolezza, più il dolore sembra diventare pungente. Manca sempre un pezzettino cazzo, manca, e non c’è niente che lo riempie. Oggi va così, sotto il sole, sudata come un maialino al girarrosto, ho troppo tempo pensare e finisco a scrivere, come tutte le volte che qualcosa gira un pò per il verso sbagliato e l’unica cosa che mi fa stare meglio è riempire un foglio. Se tu fossi qui, di fianco a me, non ci staresti nemmeno sotto tortura sotto un caldo così forte, con la tua pelle bianca così diversa dalla mia. Se tu fossi qui mi faresti anche il culo per quanto sono fissata per il sole. Ma se tu fossi davvero qui, io sarei meglio di così, e di questo sono certa come sono sicura di avere un naso importante e dei bei piedi.