Chiudete sempre la macchina!

Mi lamento sempre, un po’ come tutti, di avere troppe cose da fare, troppe cose che ricadono sulle mie poco robuste spalle, ma, pur lamentandomene, non faccio nulla perché la situazione cambi. Non delego, non rimando, non chiedo aiuto, a meno che non sia strettamente necessario, non rinuncio, non mi accontento, riempio la cucina di post-it, il cellulare di promemoria, la mensola di annotazioni, nel tentativo di arrivare a tutto e anche oltre. Mi lamento, e più mi lamento più mi carico di pesi, di doveri, di incombenze, di appuntamenti, di liste da cui depennare ogni punto come se ne andasse della mia stessa vita. Fatico a prendermi spazi nei quali tirare il fiato, con il risultato che il fiato mi manca per davvero. Ho tre figli e mi sento la direttrice di un’azienda sull’orlo del baratro, ho paura di dimenticare i pezzi, di non fare a tempo, di fare brutta figura, di lasciare indietro qualcosa, di non occuparmi come si deve di uno dei tre, di due dei tre, di tutti e tre. Rimugino sul da farsi, rimugino sul fatto, rimugino sul non fatto, in un perenne rincorrere me stessa e la mia ansia da prestazione, la mia mania di super controllo, la mia necessità che tutto sia perfetto. Divento pure antipatica, diciamola tutta dai, isterica, nevrotica, nevrastenica, mi incaponisco, mi trasformo in un essere anaffettivo con sommo dispiacere non tanto dei Puffi, ai quali dispenso comunque tutto l’amore di cui sono capace, ma piuttosto di GrandePuffo, che si ritrova di fronte, spesso e volentieri, una Franzoni in piena regola. Al culmine, di questi agitati periodi, che si presentano con sempre maggiore frequenza durando peraltro sempre di più, si aggiunge spesso la maledetta SPM, e allora, lungi da me chiunque abbia a cuore la propria serenità. Così, sperando che almeno con la fine della scuola possa rallentarsi un tantino questo ritmo psichedelico, faccio cose strane: ieri pomeriggio, parcheggio di fronte al bancomat, lascio i Puffi ad aspettarmi un minuto, attraverso la strada, aspetto la tizia che, prima di me, ci mette sette ore per ritirare due lire (sono giusto un pelo nervosa eh..), inserisco la tesserina, porto a termine l’operazione, ritiro il bancomat, ritiro i soldi che, puf, svaniranno nel giro di una mezz’ora scarsa come i petalini dei soffioni in primavera, riattraverso la strada, apro la macchina, mi siedo e.. scopro che non è la mia macchina. Scendo al volo, un po’ ridendo e un po’ guardandomi intorno per capire 1. Chi diavolo lascia la macchina aperta di questi tempi, 2. Se qualcuno e soprattutto il proprietario dell’auto su cui sono salita mi avesse visto. Corro, sui tacchi, quindi non proprio leggiadra, verso la mia vera macchina, salgo, chiudo la portiera e inizio a ridere, un po’ di gusto, un po’ isterica, un po’ anche preoccupata perché fin qui non ero davvero mai arrivata. Non riesco, per almeno un minuto, a fermarmi dal ridere come una cretina, lacrime agli occhi, i Puffi mi guardano come fossi pazza e un po’ mi sa che hanno anche ragione. Gli racconto, ridendo ancora, quello che ho fatto e per tutta risposta mi sento un bel MAMMA MA CE LA FAI, contornato anche delle loro risate. NON CE LA FACCIO NO, vorrei rispondere e ammettere e urlare, un po’ a tutti, a dimostrazione che non posso fare tutto, star dietro a tutto, far fronte a tutto, senza diventare un po’ folle. Bene, da qui posso solo risalire, giusto ? E comunque, state attenti a chiudere le macchine, potreste trovarmici dentro preda di un attacco isterico-demenziale.