Ci sta guardando

Anni fa ho smesso di credere in Dio. Avevo quattordici anni e la vita non era stata mia amica in quel periodo. Non che a quattordici anni uno creda chissà in che Dio, e in chissà che modo, ma avevo una mia idea della religione e se ero impaurita, triste, particolarmente felice, invocavo quello che per me era Dio e chiedevo aiuto, ringraziavo, condividevo la mia gioia. Poi è precipitato tutto, in pochi mesi e quel Dio che fino ad allora aveva abitato in me, a modo mio, decise di andarsene, da un momento all’altro. Non ho ancora capito se sia stato lui ad abbandonarmi, o io a cacciarlo via, resta il fatto che, per anni, abbiamo preso entrambi le distanze, diffidenti.

Ammiro chi crede, davvero, in un Dio, qualunque esso sia. Ammiro la forza di volontà di chi ripone la propria fede, inderogabilmente, nell’idea di una entità al di sopra di ogni cosa. Io prego, a volte spesso, a volte mai, a volte solo quando ne ho bisogno, come quando si va a fare il bancomat quando finisci i contanti. Non credo di essere una credente degna di nota, ma credo di essere una brava cristiana, per quello che può significare, per quello che Dio e Gesù ricordo abbiano detto, nel corso dei secoli. Credo anche parecchi credenti non siano bravi cristiani, a dispetto di quanto professino e di quanto superbamente vogliano dimostrare. Chè, per essere bravi cristiani non basta credere in Dio, bisogna dimostrarlo, in primis a sè stessi.

In questo momento, invidio chi crede, invidio chiunque sappia trovare la calma e la serenità nel proprio Dio, qualunque esso sia. Forse per avere fede non bisogna farsi domande, non bisogna avere bisogno di risposte. Forse la fede è proprio lì, nel disinteressato amore verso un Dio che non sai dove sia nè sè davvero ti ascolti, come l’amore che si prova per i figli, incondizionato e puro, al punto di non chiedere nulla in cambio, se non la gioia stessa di provare amore.

Forse mi faccio troppe domande, forse sono troppo presuntuosa aspettando sempre e comunque una risposta, da chiunque, da qualunque situazione. Forse se semplicemente amassi Dio per quello che è e per quello che non deve dimostrare d’essere, potrei essere anch’io una persona fedele.

Ho una mia personale idea di Dio, da quei quattordici anni così lontani da sembrare due vite fa, e così vicini da non poter essere mai dimenticati. Credo che Dio sia nella bontà d’animo, nel sole che, anche in questa assurdità di mondo malato, sorge ogni mattina senza chiedere nulla a nessuno, nella meraviglia di un neonato che succhia dal seno della madre, pochi secondi dopo essere venuto al mondo e senza che nessuno gli abbia mai insegnato come fare, nei litigi dei miei figli quando preparano il tiramisù per la prima volta, insieme, nella cucina della nostra casa, nel riuscire ad uscire, dopo davvero troppi giorni, alla ricerca di un raggio di sole, per scacciare la paura con quella che da sempre è una delle mie cure preferite. Forse Dio è nel ritmo lento di questi giorni, scandito dalla colazione, dal pranzo, dalla cena, dai movimenti cadenzati delle finestre che si aprono, nel mio cortile, nella casa di fronte, nel palazzo dalle tapparelle azzurre. Dio è nella gente che si sveglia e va avanti nonostante non vi sia alcuna certezza, è nel silenzio, la sera, rotto solo dalle sirene delle ambulanze. E’ nella paura di morire, di stare male, di rimanere da soli, di non potersi vedere, di non potersi abbracciare, di dimenticarsi di tutto e di tutti. E’ nelle risate con gli amici, come se nulla fosse, nei bicchieri pieni di vino alzati davanti allo schermo di un pc. E’ nelle persone che, sole in casa, vanno avanti e tengono duro, in chi non lavora, in quelli che forse, capiranno una volta per tutte, che siamo tutti uguali, davvero.

Non so se Dio sia davvero questo o se questa mia idea è solo la scusa per non ammettere che non credo in nessun Dio, o che credo in un Dio che mi invento ogni giorno diverso, mai uguale a ieri, mai diverso da domani.

Di una cosa sono sicura però: ci sta guardando, chi da lontano, chi da vicino, senza giudicare, con lo stesso sguardo che ognuno di noi dovrebbe imparare ad usare.