La primavera a “sproposito”

Sono giorni strani, sono giorni assurdi, complicati, bellissimi e bruttissimi. Abbiamo sempre detto che avremmo voluto avere tempo per fermarci, per ascoltarci, per dedicarci alla famiglia, alla casa, e ora siamo qui, bloccati, incatenati, rinchiusi, come animali in gabbia, come uccelli nella voliera. L’ansia, la preoccupazione, la noia, la tristezza, l’angoscia, la riconoscenza, e ancora l’ansia, la paura, di un nemico silente ed insidioso, siamo in una ruota da criceti che corre senza correre. La clausura di questi tempi è condita di messaggi e condivisioni, grazie ad un mondo che non sta mai zitto e che ci unisce pur nella forzata lontananza. Nascono i bambini, i fiori sbocciano, il sole splende, il cielo, fino a ieri di un azzurro incomprensibile, data la situazione, oggi si è nascosto, anche lui intristito e preoccupato. L’aria si è fatta fredda, a ricordarci che la primavera è così: imprevedibile ed altalenante, come il nostro umore in questo momento. In casa, in cinque, si sta come si sta in un manicomio: si alternano momenti di follia a momenti di amore puro, litigi, risate, sarcasmo, confidenze, i giorni sono lunghi e riempirli non è sempre facile. C’è chi disegna, chi lavora, chi guarda film, chi poltrisce, chi si annoia, chi chatta con gli amici, chi studia, chi cucina, chi mangia, chi inizia a dare segni di cedimento, dopo la quarta settimana di smart working. Lamentarsi è vietato. Un paio di giorni fa ho pensato che fosse giunto il momento di spuntare i capelli, ho così dato un minimo taglio, di un centimetro appena alla parte destra della mia chioma, ho poi chiesto aiuto a GrandePuffo, che anzichè pareggiare quell’infinitesimale centimetro ha tagliato in diagonale creando un buco al centro. Avrei voluto piangere ma nella mia mente continuavo a ripetermi che passare dai capelli di Rapunzel a quelli di Mafalda non fosse poi un così grave problema. GrandePuffa ha dovuto risolvere la situazione. E’ ufficiale: ho i capelli di Mafalda. Poco male, le cose vanno per le lunghe e non credo di dover sfilare per Coppola da qui a qualche giorno. Il tg è un colpo al cuore, ogni giorno. Le notizie sono allarmanti, angoscianti, sbiancano i volti e non curano lo spirito. Ieri abbiamo fatto le pulizie di primavera, GrandePuffo è andato a fare la spesa: tre adolescenti in casa richiedono parecchio cibo, ogni spesa è la spesa dell’apocalisse. I vetri sono pulitissimi, abbiamo lavato le tende e le abbiamo rimesse al loro posto, candide. Abbiamo curato le piante, le uniche che ancora paiono non aver capito che il mondo si è fermato. GrandePuffo, impossibilitato a correre per strada, sta ora sfrecciando sulle scale di casa, in tenuta da runner, ridicolo e meraviglioso allo stesso tempo. Si fa quel che si può, si chiamano gli amici, i nonni costretti a casa, chi da solo, chi , fortuna sua, almeno in compagnia. Si fanno videochiamate con gli amici, aperitivi sintetizzati in bicchieri di vino, patatine e schermi dei cellulari: non è molto, non è come una volta, ma è pur sempre qualcosa. Stiamo insieme, da lontano, ma insieme. Il mio pensiero va spesso a Nonnavolante, che dopo una vita non priva di solitudine si trova nuovamente sola, senza lavoro e sola, non è una ripetizione, è un’esigenza, dolorosa. Il mio pensiero va spesso agli amici che non hanno nessuno in casa con cui litigare, ridere, sorridere, chiacchierare, condividere ansie e pensieri positivi. Io impazzirei, lo so, da sempre odio la solitudine: trovarcisi costretti senza volerlo è un buon motivo per odiarla ferocemente. Siamo qui, in bilico tra la paura e il bisogno che tutti torni finalmente normale, che il mondo capisca che abbiamo capito la lezione, forse. L’ansia è una brutta bestia e tenerla a bada è un lavoro che richiede un impegno costante, quasi crudele. La mente gira vorticosamente e ha necessità che le mani si muovano e non si lascino fermare. Se avessi della vernice credo potrei iniziare ad imbiancare casa. Ho sempre detto che non avevo il tempo materiale per mettermi a scrivere un romanzo e ora che quel tempo ce l’ho, non ho le parole per iniziarlo, ironia della sorte. So che quello che sto scrivendo sembra il delirio di un folle, so che le frasi sono sconnesse e le argomentazioni forse sterili e disgiunte, ma questo è il mio stato d’animo. Scrivere della paura, dell’ansia, quella vera, scrivere di come ci si sente in un periodo simile, scrivere di come le lacrime escano da sole, in una sindrome premestruale costante che accomuna credo ormai uomini e donne, significherebbe dare voce e corpo all’angoscia. E allora taccio e cerco frivolezza laddove non ce n’è, laddove non dovrebbe essercene. Forse è per questo che si organizzano flash mob, a dispetto di una situazione assurda e terrificante, perchè così come la primavera offre fiori a “sproposito” in un mondo in pausa forzata, così noi uomini abbiamo bisogno di colore, voci allegre e sentimenti leggeri, per rendere meno nero il buco in cui siamo caduti.