me compresa, ovviamente, nessuno escluso

Negli ultimi tempi, sempre di più per la verità, provo un odio smisurato per le chat di classe. Luoghi virtuali ove effettuare comunicazioni di servizio, chiedere info, ricevere documenti necessari alla normale vita scolastica dei figli, che, ogni giorno di più, diventano la sede spontanea e giustificata di malumori, recriminazioni, battaglie contro i mulini a vento, inadempienze, commenti sarcastici fini a se stessi, assenze prolungate che diventano d’un tratto presenza incomode e prevaricanti. Ecco, l’ho detto: io le chat di classe le eliminerei dalla faccia della terra, tornando alle care vecchie mail, ai fogli di carta o ancor meglio, alle conversazioni verbali, durante le quali si possa realmente vedere in faccia chi e come, senza i veli malcelanti delle parole scritte in wtsapp. Che poi, diciamocelo, alla fin fine le odiamo tutti ‘ste conversazioni scomode in cui la gente repressa e depressa mette l’astio anche di fianco alla faccina con il cuoricino. Cerco sempre di essere sincera e diretta anche in queste camere di virtuale conoscenza, e, infatti, finisco per essere antipatica ai più e per essere considerata quella che ha sempre da dire, su tutto e tutti. Vorrei essere capace di fare come fanno tanti, rispondere una volta sì e mille no, mettere un pollice giallo dopo una richiesta e una domanda lunga venti righe, oppure palesarsi ogni dieci minuti e viaggiare, come una banderuola al vento, di qui e di lì, a seconda di chi sia l’interlocutore, senza badare minimamente ad un minimo di presa di posizione personale. Le chat sviluppano nelle persone una smodata tendenza a manifestare opinioni altrui in luogo delle proprie, o, viceversa, opinioni proprie laddove richiesta una collaborazione generale di tutti i presenti. Abbandonare il gruppo: un sogno, scrivere per esteso quello che si pensa e come lo si pensa, davvero, senza filtri e senza timori: un desiderio da mettere nella lista per Babbo Natale. Per molto tempo ho praticato la modalità che mi muove normalmente, nella vita, ovvero dire se ho da dire e dire moderatamente se mi sembra il caso di non esprimermi apertamente. Oggi, adotto una tattica trasversale: un mix di apatia, indifferenza e sano senso dell’umorismo, che credo siano la tattica migliore per non farsi venire il sangue amaro e il fegato marcio. Sarebbe molto bello se, in un mondo fantastico e favoleggiante, tutti, al mondo, potessero avere in dotazione intelligenza, simpatia, sincerità ed educazione, ma credo sia più facile che Salvini vesta di rosso ed esponga al suo balcone di casa uno striscione recante falce a martello. Bandiamo le chat di classe, orsù, torniamo indietro nel tempo, aboliamo la libertà di parola a chi non è in grado di mettere insieme due lettere se non condite di supponenza, arroganza ed egoriferimento. Suvvia, dai che lo vogliamo tutti, dopotutto. Togliamocelo ‘sto sassolino dalla scarpa, schiacciamocelo ‘sto bubbone pieno di pus, guardiamoci in faccia e diciamoci, in pieno sole, che ci stiamo sul cazzo e che non è poi un grave problema. D’altronde di persone al mondo ce ne sono parecchie e l’essere stati infilati nell’escape room della chat di classe volenti o nolenti non è obbligo a diventare amici per la pelle. Sarebbe tutto davvero molto più semplice e snello e meno stressante se tutti facessero un passettino indietro, ammettendo le proprie pecche e ridendoci su, magari davanti ad un bel bicchiere di prosecco, così, per sfatare il mito dell’antipatia e ricominciare a vivere come si faceva una volta, salutandosi cordialmente da lontano. E’ divertente, e con questo concludo questa arringa contro la convivenza forzata, vedere come la gente tolga addirittura il saluto, quello reale, intendiamoci, a chi, in un paio di occasioni, ha reso “pubblica” la propria opinione senza arrogarsi il diritto o il dovere di essere né da meno, né di più, del resto del mondo, ma semplicemente esprimendo il proprio parere, educatamente e senza infierire né riferire. E’ ridicolo come, esercitando il proprio personale e lecitissimo diritto di avere un pensiero che possa anche differenziarsi da quello degli altri, si diventi subito scomodi destinatari di pettegolezzi, maldicenze e sguardi truci. Ecco, così vivrò, d’ora in poi, le chat di classe: una bella scenetta di Stanlio e Ollio su cui ridere di gusto della multi sfaccettata umanità, me compresa, ovviamente, nessuno escluso.

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