Gruppo di scarico

“Io penso che rimuginare è bello, quei conti che ti fai in testa prima di alzarti, quando non devi saltare giù dal letto inseguita dal ritardo, rimuginare è il carburante perfetto per diventare una persona migliore” Leggo questo libro di Lidia Ravera, “L’amore che dura”, e annoto in continuazione frasi e pensieri, ritrovandomici come non capita spesso, leggendo. Rimuginare è un’attività prettamente femminile e non sto facendo della discriminazione, tutt’altro, credo che la mente maschile sia molto più semplice e dia luogo a meno “menate”, rispetto a quelle che sono abituate a farsi le donne, un po’ su qualsiasi cosa, a prescindere. Rimuginare è correre dietro ai pensieri rendendoli sottili o spessi, a seconda di quali essi siano. Passare, da un pensiero all’altro, attorcigliarli, in un groviglio complicato nell’intento di snellirli e appiattirli e, perché no, anche eliminarli per sgombrare la mente, ogni tanto. Rimuginare serve a fare liste, a spezzare lance in nostro favore, convincendosi di essere sul pezzo o allarmandosi riconoscendo troppe incombenze ancora da spuntare, in quel TO DO mentale che ci attanaglia. I soldi della gita, il pranzo al sacco, la lavatrice da stendere che aspetta nel cestello da ieri sera, le scarpe di rugby da lavare, la carne da scongelare, il libro da restituire, il regalino da scegliere e comprare, la sessione di yoga, la partita di pallavolo, la lettera da consegnare, quella cosa che ti sei dimenticata per ben tre volte e anche oggi dimenticherai, irrimediabilmente, l’apparecchio da lavare, le camicie da stirare, i vestiti da indossare, un turbinio di voci non ancora spuntate. Rimuginare è scendere a patti con sé stessi, rimediare agli errori commessi, archiviarli, come commessi e ormai caduti in prescrizione, trovare una soluzione ai problemi di tutti i giorni, considerandoli per quello che sono e non ingigantendoli come spesso accade quando si sommano a tutto il resto. E’ capirsi e capire, se davvero vale la pena crucciarsi e prendere decisioni repentine, che hanno il sapore amaro della bocca dopo una notte di sonno. E’ tirare le somme e incasinarsi ancora di più, quando non hai dormito bene e l’umore è già nero, anche se non hai ancora aperto gli occhi. E’ concludere ragionamenti già incancreniti dal tempo e dargli quel calcio nel culo che si meritano per averti disturbato per troppo tempo. Rimuginare è soffermarsi su malesseri bypassabili che bussano la porta in continuazione e diventano pensieri che prendono fissa dimora senza nemmeno pagare un affitto. Rimuginare, ultimamente è voti scolastici e doveri, desideri disattesi, molestie psicologiche che ti autoinfliggi da decenni e che sarebbe anche ora facessero le valigie. Tu pensi troppo, mi dicono a volte. E torna il leit motiv, il desiderio di essere un po’ bovina, non fisicamente, ci mancherebbe, quanto spiritualmente, per smettere, almeno per un po’ di masticare ansie e preoccupazioni, e tornare a rimuginare solo la mattina di alcuni giorni lenti, quando non hai null’altro da fare che guardarti un po’ intorno, scoprendo piano piano se dalle persiane filtra il sole oppure no. Tornare ad aggrovigliare pensieri sparsi solo quando somiglia ad un gioco e non ad una rincorsa noiosa e disturbante. Tornare ad intessere maglie spesse di riflessioni solo se e vale la pena davvero, non per guastare qualcosa di già guasto. Sarò capace? Mi domando. Capace di mollare, di delegare, di sfoltire, di non badare, di lasciar correre ? dubito fortemente, purtroppo, ho una testa di ricci meno arruffati delle considerazioni che vi alloggiano. E, nella riflessione, la riflessione: anche voi pensate troppo ? Se facessimo un gruppo di scarico dove in un grosso contenitore poter buttare ansie e affanni, scervellamenti e congetture ?